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ISBN: 88-8342-150-7
Collana: Le Sfere -
Dopo i fondamentali lavori di Gilles Deleuze è ormai assodato che gli autori di opere cinematografiche devono essere considerati pensatori, più che artisti, ma non si è ancora definitivamente compiuto il passo di accreditare a tutti gli effetti come "testi" almeno potenzialmente filosofici anche le opere cinematografiche, assoggettando di conseguenza anch'esse a quella stessa radicale interrogazione con la quale vengono attualmente affrontati non solo gli scritti dei filosofi ma anche l'arte, la musica, la letteratura. La convinzione da cui muovono infatti questi saggi è che non il "testo" in sé stesso, né tantomeno la specifica veste linguistica nella quale è espresso, ma la radicalità dell'interrogazione ad esso rivolta è ciò che peculiarmente caratterizza l'indagine filosofica. D'altra parte, questo assunto non si è finora concretamente tradotto in testi che siano davvero capaci di "leggere" le opere cinematografiche in chiave filosofica. Questo testo si propone di farne emergere con chiarezza la filigrana teorica, il "pensiero" in esse contenuto. Curi mobilita alcuni temi di grande impegno (il rapporto amore-morte, il problema dell'inizio, la relazione con l'altro, la condizione del perpetuo esilio, il doppio, la guerra, ecc.) per interpretare alcuni fra i film più importanti, e più popolari, degli ultimi due anni, da Matrix a Moulin Rouge, da La stanza del figlio a Il meraviglioso mondo di Amélie, da American Beauty a Luce dei miei occhi, da A Beautiful Mind a Il mestiere delle armi. Ne risulta un percorso affascinante, un libro limpido e coinvolgente nella scrittura, appassionante e a tratti commovente, in cui la grande forza evocativa dell'impianto ermeneutico impiegato si è confermata ampiamente in rapporto a tutti i film esaminati, sebbene appartengano a tipologie anche molto differenti - dal musical alla commedia, dal thriller al kolossal - e pur non essendo molti di essi abitualmente considerati prodotti "alti". Lontano da ogni sterile accademismo, ma anche da ogni improvvisazione dilettantesca, aprirà senz'altro un dibattito che potrà coinvolgere tanto i filosofi quanto i critici cinematografici.